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RICEVO E VOLENTIERI PUBBLICO


Sul tema dei "medici a gettone", che ho brevemente commentato giorni fa, ricevo oggi un'email che pubblico qui in calce (con il permesso dell'autore, che ringrazio) dal momento che mi pare offra approfondimenti meritevoli di attenta considerazione.

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Gent.ssimo Professore,

Ho letto il suo apprezzamento per l'intervista a Vergallo pubblicata su doctor33 e, trattandosi di un tema che conosco bene ..., le vorrei fornire un ulteriore spunto di riflessione.

Da un punto di vista strettamente contabile, per l’ospedale (o la asl) che esternalizza le attività dei medici specialisti, tale operazione sembrerebbe anti-economica per i motivi riportati nell'intervista (oltre alla paga oraria del libero-professionista c'è da considerare anche la quota aggiuntiva riconosciuta alla coop, circa il 10% in più). I calcoli, tuttavia, andrebbero effettuati tenendo conto che uno strutturato usufruisce di ferie, malattie, infortuni e congedi di vario tipo (maternità, permessi parentali, donazioni sangue, ecc) molti dei quali totalmente o parzialmente retribuiti, il che abbassa il monte ore di lavoro realmente effettuato e quindi ne innalza la paga oraria effettiva.

Ma ammesso e non concesso che essa sia comunque più bassa di quella del libero professionista (e quindi contabilmente l'esternalizzazione non sia conveniente), da un punto di vista economico il ricorso alla coop potrebbe comunque convenire in quanto l'azienda ospedaliera si libera della gestione di tutti questi costi e oneri riflessi (il costo per la gestione del personale è maggiore del costo per la gestione di un appalto) e, soprattutto, può gestire la forza-lavoro in modo molto più flessibile. Tramite l'appalto, infatti, può imporre alla coop quali lavoratori sono benvenuti e quali devono essere esclusi (sulla base delle competenze, ovviamente). Cosa se non impossibile quantomeno difficile all'interno di una struttura pubblica. Senza contare la maggior pressione che l'azienda ospedaliera può esercitare sui propri dipendenti che cooperano (e contemporaneamente competono) con quelli libero-professionisti. Si pensi a tal proposito al bastone/carota delle produttività aggiuntive che, a parità di altre condizioni, possono essere più o meno concesse modulando gli accessi dei liberi professionisti nel corso dell'anno (quindi anche nei periodi delle festività natalizie ed estive) e, da un punto di vista quantitativo, avvalendosi del quinto d'obbligo e oltre (cosa non farebbe un'impresa per vedersi rinnovare un appalto?).

Pertanto, il ragionamento limitato proposto dal sindacalista intervistato mi pare conduca inevitabilmente ad una diversa regolamentazione della questione che, vista più da vicino, non può che diventare una guerra tra "poveri" (poveri relativi, trattandosi comunque di lavoratori meglio retribuiti di tanti altri). Pertanto, se si volesse davvero pervenire ad una soluzione, il problema andrebbe affrontato alla radice, cioè rivedendo non soltanto i salari e le dotazioni organiche (che andrebbero sicuramente incrementati) ma anche le gerarchie dei rapporti di lavoro che rendono molti medici formalmente dirigenti ma sostanzialmente operai. 


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